La Seconda Guerra Mondiale gliel’hanno raccontata i nonni: la fuga nelle cantine al suono delle sirene dei bombardamenti, la fame, i partigiani uccisi
sotto casa. Al massimo hanno fatto un salto a Mauthausen o a Dachau, per atto di testimonianza. L’intolleranza e l’angoscia degli anni di piombo
gliele hanno raccontati i genitori, solo qualche flash riaffiora nella memoria televisiva di bambini di allora: il ritrovamento del corpo di Moro, Ustica, Bologna, gli omidici di Ruffilli e Bachelet, la maledetta vigilia di Natale sul treno a San Benedetto Val di Sangro. Ma non gli è mai stato chiesto di schierarsi, in un’epoca in cui schierarsi poteva voler dire essere ammazzati: erano troppo piccoli.
Hanno vissuto di striscio anche il golpe mediatico-giudiziario di Tangentopoli: erano ancora studenti. E quando hanno votato per la prima volta, i partiti
storici non c’erano più. Sono stati i primi a vedere una guerra in televisione nel 1990, anche se la loro prima straziante diretta fu quella da Vermicino.
I temi più divisivi su cui hanno preso posizione sono stati Berlusconi e Calciopoli. E’ la generazione nata negli anni ’70, la più fortunata della Storia: cresciuta nell’illusione che il benessere fosse un diritto universale garantito dalla Famiglia o dallo Stato, ha identificato la vita con un film di Walt Disney, nel quale il lieto fine era immancabile. Si sono ritrovati a gestire una vita serena costruita dai loro padri e dai loro nonni: hanno una casa di proprietà e magari anche una per la villeggiatura. Hanno tecnologie e facilitazioni come mai nessuno prima di loro: l’onnipotenza tecnica li ha fatti sentire immortali. Hanno visto il terrorismo globale
da lontano, guardando le calamite che sfoggiano sui loro frigoriferi griffati: poi si sono dipinti il profilo di facebook con la bandiera del Paese colpito, pensando bastasse per condividere una tragedia. Viaggiano low coast per qualsiasi destinazione: nessuno ha mai visitato così tanti posti senza vederne nessuno. Sono viaggiatori compulsivi, passano solo poche ore in una capitale, giusto per mettere una bandierina sul loro profilo. La logica del pay per view si applica a tutto: hanno uno smarthphone top di gamma, un’auto e uno scooter. Non devono sbattersi per trovare la cose, tutto gli arriva in casa. Sono i maestri dello spritz, del
Negroni sbagliato. Vivono di happy hour e di apericena. Il lavoro li gratifica e li stressa. Per rilassarsi, ogni tanto, passano la domenica all’outlet o mezza giornata in un centro benessere. Fino a marzo pensavano che tutto questo fosse normale, dovuto: sono stata la generazione meglio curata, vestita, nutrita, protetta. La loro infanzia è stata un cartone giapponese, la loro giovinezza un giro infinito tra pub e feste, a volte a casa di chi non conoscevano nemmeno.
Quando il virus ha preso piede, l’hanno preso sul ridere: “Lo spritz ci disinfetterà”. Quando i contagi hanno iniziato a dilagare, hanno pensato: “Tanto riguarda solo i vecchi”. Quando li hanno richiamati al senso di responsabilità, chiedendogli di stare a casa per tutelare i nonni e i genitori, hanno riempito i navigli e le piste da sci. Quando hanno chiuso il Paese, sono diventati patiti di jogging pur di uscire e hanno invaso i supermercati dei paesi vicini: si facevano anche tre ore di coda pur di non stare a casa con figli e coniugi. Poi hanno realizzato una cosa terribile: stavano male e morivano anche i 40enni. Fino al giorno prima il mondo era nelle loro mani, a portata di clic: ora, improvvisamente, un popolo di semi-adolescenti stava diventando adulto, realizzava che le persone stavano morendo in casa aspettando una bombola di ossigeno che non sarebbe mai arrivata, che negli ospedali non c’erano ventilatori a sufficienza. L’epoca più prosperosa e svagata della storia stava finendo di colpo e loro la stavano fissando con la sguardo deprivato di un bambino che ha appena calciato un pallone troppo forte, facendolo andare oltre il recinto.
Fino a metà marzo si erano ripetuti per farsi coraggio che “tra me e un 80enne, in terapia intensiva, intuberanno me che sono giovane e sano”. Ma il Paese dell’apericena era sparito di colpo: le app che prima aprivano qualsiasi porta non servivano più a niente. Potevano morire anche loro da un giorno all’altro, anche senza avere patologie pregresse. Di colpo sono stati soffocati dalla paura: “Se in un reparto di terapia intensiva ci sono tre quarantenni sani che di colpo vanno in crisi respiratoria e c’è un ventilatore solo, chi verrà intubato e chi verrà lasciato morire, da solo, con un pò di morfina? Allora, di colpo, si sono intristiti e angosciati: come potevano affrontare la prova più dura della loro vita se il loro unico apprendistato era stato quello filtrato dall’irrealtà televisiva? Hanno pensato di colpo a tutti i loro progetti per l’estate: alle vacanze in barca a vela tra le isolette dell’Egeo, al viaggio esotico nel Laos, alla caparra appena data per l’agriturismo super bio nel Chiantishire. E hanno capito che non c’era più niente di sicuro: era il momento, a 45 anni, di diventare adulti. E così hanno fatto i genitori a bambini che prima vedevano solo la sera e nel weekend, a meno che non dovessero fare sport per smaltire lo stress.
Non hanno più potuto giocare a fare le donne in carriera e i super manager: hanno dovuto dividere la rete con il pargolo che doveva collegarsi con la scuola, in call esattamente come loro. Non potevano più usare le frasi in inglese che li rendeva fighi agli occhi dei profani: dovevano limitarsi a spiegare le preposizioni semplici ai loro figli. E dovevano fare la spesa nel negozietto che avevano sempre snobbato, perché la spesa on line era diventata una chimera. Si sono disperati perché il lievito non si trovava più e perché la farina era razionata: fare la pizza e il pane era l’unica distrazione rimasta. Non avrebbero mai pensato di ridursi ad invidiare l’autosufficienza di chi produceva in casa il lievito madre. Guardavano gli scaffali semivuoti dove pensavano di poter scegliere tra vari tipi di pasta: ma ne era rimasta una sola. E, così, fissando gli spaghettoni numero 38, hanno realizzato che un’epoca era finita.



