Una città dell’hinterland milanese, qualche settimana fa, in centro storico, in pieno giorno. Una bambina porta a spasso il suo cagnolino, si avvicina un signore, le fa i complimenti e le chiede dove abita. Lei dice una bugia, come le hanno suggerito di dire i suoi genitori in casi come questi. Lui fa un ulteriore tentativo: le dice che secondo lui il cane ha sete, che la può portare dove c’è l’acqua. Lei dice di no, che non può avere sete perché ha appena bevuto. Lui le chiede come si chiama e lei dice la seconda bugia. Questa storia ha un lieto fine, ma se la bambina non fosse stata prudente e se non avesse seguito i consigli dei suoi genitori, forse sarebbe stato diverso.
“Dovete educare gli uomini a non stuprare, non le donne ad essere prudenti” hanno ripetuto fino alla nausea i moralisti dopo le dichiarazioni di Giambruno. Certo, siamo tutti d’accordo su questo. Come siamo tutti d’accordo sul fatto che lo stupratore è un mostro, che la colpa è solo sua, che lo stupro è una questione più di potere che di sesso, che affonda le sue radici in una certa mentalità maschilista o meglio machista. Ma, premesso tutto questo, perché è così sbagliato predicare prudenza? Sappiamo tutti che il problema è maschile: ma perché, oltre ad educare gli uomini, è così aberrante dare consigli alle donne?
Noi siamo cresciuti con le raccomandazioni di non accettare le caramelle dagli sconosciuti o di non fare una certa strada perché là c’era brutta gente. Oggi non ci sono più le caramelle, c’è la droga versata nei bicchieri a tradimento, ci sono le pericolose emulazioni su TikTok, ci sono le gangbang sui siti porno che ammaliano i 16enni mostrandogli com’è facile essere dei superuomini.
Da padre raccomando oggi a mia figlia 11enne di non seguire gli sconosciuti (anche se millantano di essere amici di famiglia) e raccomanderò a mia figlia 16enne di non bere fino a perdere il controllo e di vestirsi in modo da non mandare un messaggio sbagliato. E’ giusto compiacersi della propria bellezza, provare piacere nell’essere guardata, vivere un rapporto sano con il proprio corpo. Ma quando uscirà di sera in una città dell’hinterland milanese, le dirò di non vestirsi come se fosse sul lungomare di Gallipoli ad agosto. E, quando lo farò, non mi sentirò un gretto esponente del patriarcalismo più retrogrado.
Lo farò come lo fanno oggi tutti i padri con il sale in zucca. Non quelli che blaterano da settimane contro Giambruno forse solo perché è il marito della Meloni. Un circo di banalizzazioni vergognoso e strumentale: gli vengono messe in bocca le cose più stupide per farlo passare per maschilista troglodita. Crozza: “Sono nata donna, quindi me la sono cercata”. Gruber: “Se uno compra una BMW e gliela rubano non dicono che se l’è cercata” (beh se gliela rubano a Quarto Oggiaro se l’è cercata… eccome se se l’è cercata!). Qualche altro ignorante ha aggiunto: “I lupi non stuprano, sono gli uomini che stuprano” (non sapendo che il lupo è una metafora dell’impulso belluino dell’uomo da quando un certo Plauto coniò la frase “homo homini lupus”, poi ripresa da Hobbes). E ancora un altro fenomeno: “Io d’estate esco in canottiera e mi ubriaco, ma non hanno mai cercato di stuprarmi”. E poi, immancabile, la vignetta di Altan con la mamma che mette i baffi finti alla figlia per farla uscire di casa tranquilla ed evitare i rischi.
Intanto, però, la femminista inglese Kathleen Stock scrive sul Times: “Dire alle donne come ridurre i rischi di stupro è tutt’altro che sessista. Suggerire modi per ridurre la vulnerabilità agli attacchi non costituisce una colpevolizzazione delle vittime. E’ un nostro dovere”. La Meloni interviene con il consiglio “Occhi aperti e teste sulle spalle” e subito arriva una nuova ridda di polemiche. Uno spiritosone punzecchia: “Occhi aperti e teste sulle spalle dovrebbero averle gli elettori per evitare poi di sentire sproloqui del genere”. Vorrei proprio vedere se questi fenomeni dello pseudofemminismo e del pensiero unico politically correct (magari sono quelli che per difendere la parità di genere sono convinti che basti mettere la “a” alla fine dei nomi delle professioni) dicono alle loro figlie di ubriacarsi e di perdere tranquillamente il controllo, perché la libertà dell’individuo conta più dell’eventuale rischio.
E’ chiaro che nel migliore dei mondi possibili una ragazza potrebbe ubriacarsi e vestirsi con shorts e mini-top e circolare di notte nelle zone malfamate, così come i bambini potrebbero andare al parchetto da soli e non avere paura di parlare con gli sconosciuti. Ma, udite udite, questo non è il migliore dei mondi possibili. In Italia spariscono circa 17mila bambini ogni anno, ci consigliano di non scrivere i nomi della famiglia sul vetro posteriore della macchina, di non sventolare lo smartphone nuovo se passiamo in una zona dove gli spacciatori ti tendono agguati per derubarti, di non accettare passaggi dagli sconosciuti… Siamo nel 2023, la violenza mistificatrice della pornografia insegue i nostri figli ovunque, non come ai nostri tempi in cui tutto si relegava ad un vhs da guardare sporadicamente di sfroso se avevi gli agganci con giornalai compiacenti o con i fratelli maggiorenni dei tuoi amici.
Sappiamo tutti che la priorità, oggi, è debellare quella cultura machista che si è insinuata nei nostri giovani soprattutto tramite il web. Come giornale abbiamo fatto anche noi la nostra parte partecipando alla campagna #NoiFermiamoLIndifferenza ideata qualche anno fa da Janssen Italia. Nessuno può chiamarsi fuori, aziende e partiti politici in primis: la sconfitta del machismo passa anche da una redistribuzione del potere e di una corretta percezione di essa. Fondamentale sarebbe l’azione del potere giudiziario che però, ultimamente, ci ha spiazzato con sentenze assurde che strizzano l’occhio a palpatori e violenti: dal marito islamico che può picchiare la moglie perché fa parte della sua cultura alla palpata impunita perché breve.
Contro questi giudici, chi ha crocifisso Giambruno non ha detto una parola, anche se una sentenza è una cosa molto più grave di una frase detta in TV, perché costituisce un modello di riferimento, un precedente. Più la sensazione di impunità sarà dilagante, più la cultura machista prolifererà e gli stupri continueranno. Sarà una rivoluzione culturale né semplice né veloce (basti pensare alle migliaia di guardoni malati che erano disposti a pagare su Telegram per accaparrarsi il video dello stupro di Palermo). Nel frattempo non vedo altre vie se non educare alla prudenza: che non vuol dire negare le libertà individuali, né crescere le figlie nella paura.



