martedì, Dicembre 2, 2025

Non mi interessa fare il vaticanista – come molti si sono improvvisati nelle ultime settimane – ed analizzare i contenuti del Pontificato di Papa Francesco. Cito solo quanto disse la Sindaca di Cinisello Balsamo, Siria Trezzi, nell’usuale scambio degli auguri natalizi con la stampa nel 2017: “Quest’anno sui calendari abbiamo messo una frase di Papa Francesco, l’ultima icona della Sinistra”. Seguirono qualche risatina e qualche imbarazzo…
Il momento del Pontificato che rimarrà indelebile non riguarda però le encicliche né le prese di posizione per i diritti lgtb né la difesa degli ultimi del pianeta: è quel Venerdì Santo del 2020, in una Piazza San Pietro deserta, con l’asfalto lucido di pioggia. Tutti erano a casa, aggrappati alle loro televisioni, impauriti e smarriti, in attesa che dal Papa – in diretta planetaria – arrivasse un messaggio di speranza.

Eravamo ad un mese dall’inizio del lockdown, ogni giorno c’erano 900 morti, non eravamo ancora arrivati al cosiddetto picco e non si vedeva la luce in fondo al tunnel. Gli ospedali erano nel caos, le nostre certezze di “occidentali avanzati” erano crollate in un mese: si moriva soffocati, da soli, e poi si finiva in un sacco di cellophan, in fretta, perché non c’era tempo, toccava già ad un altro… I medici decidevano ogni giorno a chi dare una possibilità e chi invece lasciare andare. Non c’era più posto nemmeno per seppellire i morti: il corteo di camion militari carichi di bare aveva da pochi giorni attraversato Bergamo.
In quei giorni di città spettrali, solcate solo dalle angoscianti sirene delle ambulanze, Papa Francesco – in una deserta e cupa piazza San Pietro, livida di pioggia e di dolore – si fece carico di tutte le nostre paure e di tutte le nostre ansie e se le caricò sulle spalle come la Croce sul Golgota: il mondo civilizzato che credeva di essere invincibile scoprì in poco più di un mese che non lo era. Il Papa, commentando il Vangelo di San Marco, ricordò che ogni giorno, nel mondo, migliaia di uomini, donne e bambini muoiono di fame e di malattie: fino ad allora non ce ne eravamo mai curati, come non ci riguardasse.
“Perché avete paura, non avete ancora fede?”, risponde Gesù ai discepoli che l’hanno svegliato, terrorizzati dalla tempesta improvvisa e furiosa che scuoteva la barca. Quella sera Papa Francesco ci esortò ad avere fede e a pregare perché la burrasca finisse, ma ci fece anche constatare il nostro fragile stato di mortali. Anche noi del “mondo evoluto”, nel giro di una settimana, potevamo ammalarci e morire, senza più poter contare sulla certezza delle cure.

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